sabato 20 giugno 2009

Il laboratorio di genere delle studentesse della sapienza è nato dopo l'esperienza dell'assemblea delle studentesse del movimento di quest'autunno: nel clima di mobilitazione, le donne, protagoniste del movimento, hanno sentito l'esigenza di un luogo all'interno del quale discutere della crisi facendone un'analisi di genere.
Dall'analisi emersa in questo luogo abbiamo deciso di portare avanti un percorso di genere più ampio, rendendoci conto che la crisi rende ancor più esplicita una disuguaglianza (quella tra uomini e donne) che è già presente nella società: l'oppressione di genere è una condizione trasversale che tutte le donne vivono, ma che, pensiamo, vada affrontata autorganizzandosi nel contesto sociale che ogni donna vive.

La mancanza di discussione sulle tematiche di genere nell'università, la scarsissima presenza di donne nei gradi più alti della formazione, l'assenza di servizi per le donne, docenti, precarie, studentesse e mamme, all'interno del nostro ateneo, ci hanno spinto ad allargare il campo della nostra analisi e delle nostre rivendicazioni, che portiamo avanti come studentesse nel nostro luogo sociale: l'università stessa. 

Le studentesse raggiungono infatti livelli sempre più alti di istruzione, ma andando avanti nei gradi della formazione la presenza femminile è sempre minore: nonostante le laureate siano il 55% del totale, solo il 31% dei ricercatori italiani è donna e la percentuale scende ulteriormente andando avanti nella carriera accademica (solo il 12% dei docenti ordinari è donna). La causa della difficoltà nell'intraprendere questo tipo di carriera per le donne è dovuta, tra le altre cause, anche alla totale assenza nel mondo universitario italiano di servizi e leggi sulla maternità – sia per i lavori a tempo indeterminato che per le lavoratrici a tempo o precarie – in questo modo il genere stesso diventa la discriminante per l'accesso al lavoro. 

Riteniamo inoltre che, dentro l’università, esista una completa assenza di dibattito e di studi che affrontino le tematiche di genere, proprio per questo pensiamo che la didattica ufficiale debba affrontare tali questioni, attraverso la partecipazione diretta delle studentesse e delle ricercatrici.

Le rivendicazioni del laboratorio di genere, quindi, riguardano sia la didattica e la formazione che vertenze sociali più specifiche: una delle nostre prime riflessioni ha riguardato l'assenza di servizi per le studentesse all'interno dell'università, come la mancanza di consultori, asili nido, centri antiviolenza o sportelli diretti alle studentesse che hanno subito violenze fisiche o psicologiche.

Per questo motivo all'inizio di quest'anno abbiamo avviato la campagna pillolissima2009 insieme alle studentesse di alcuni licei romani e di altri collettivi universitari e femministi. La campagna è partita come un'azione di denuncia sull'obiezione di coscienza sulla prescrizione della pillola del giorno dopo, obiezione che nonostante sia illegale è molto diffusa. A seguito dell'inchiesta effettuata in tutti i pronto soccorso di Roma, la campagna sta continuando con un monitoraggio dei servizi offerti dai consultori sul territorio.

L'obiezione di coscienza è solo una delle espressioni dell'oppressione di genere, così come lo sono ad esempio tutte le politiche securitarie e autoritarie che, con una sfacciata strumentalizzazione del corpo delle donne, hanno permesso ultimamente la stesura di leggi razziali e xenofobe come il pacchetto sicurezza.

La lotta al sessismo si inserisce in un percorso di lotta molto più ampio. Per questo il laboratorio di genere della sapienza ha individuato come data fondamentale quella del 25 aprile, portando avanti un'analisi che si basasse sull'antisessismo tanto quanto sull'antifascismo e sull'antirazzismo: pensiamo che non ci possa essere una lotta al sessismo che prescinda dall'antifascismo e che, contemporaneamente, essa sia condizione necessaria all'antifascismo stesso.

Alla luce delle analisi elaborate nel nostro percorso, crediamo che l'autorganizzazione delle studentesse all'interno dell'università, come delle donne nella società, debba vivere nella maniera più partecipata possibile, in modo che la consapevolezza cresca per cambiare lo stato delle cose: per questo continuiamo a portare avanti le nostre campagne e rilanciamo il nostro percorso anche per l'anno prossimo.

L’autorganizzazione delle donne

confronto, presa di coscienza: ‘genere’??
L’iniziativa di oggi nasce dalla necessità che abbiamo sentito di rispondere ad una domanda, La domanda: perché e in che modo le donne si riuniscono per discutere problematiche di genere?
A partire da un’esigenza immediata, confrontandoci riguardo alle dinamiche che viviamo tutti i giorni all’università, nel mondo del lavoro, nella politica, nel contesto sociale in generale, abbiamo iniziato un’analisi di genere. I problemi che io vivo quotidianamente e che ho in comune con altre “persone”, guarda un po’ J , tutte donne, forse nascono dal fatto che viviamo una condizione specifica proprio in quanto donne. E questo è stato l’inizio: come studentesse, a partire dal nostro sentire comune e nel luogo che viviamo quotidianamente, ci autoorganizziamo.

percezione, discussione
Il nostro Laboratorio è nato dall’Assemblea Donne del movimento studentesco dell'Onda. La nostra riflessione ha avuto origine quindi in un contesto politico misto, in cui tutte abbiamo percepito che “qualcosa non andava”. Qualcosa non andava perché qualcuna di noi aveva difficoltà ad intervenire nelle assemblee e la necessità di ‘abbassare i toni’ non era condivisa da tutti, perché la divisione dei compiti era spesso prevedibile (agli uomini la discussione politica e alle donne l'organizzazione pratica, per schematizzare...), perché alcune tematiche che sentivamo più urgenti in quanto donne non trovavano spazio sufficiente in un luogo di discussione misto.
Per questo, come laboratorio, abbiamo scelto di elaborare un percorso non misto, per discutere le problematiche di genere e nel quale autorganizzarci come donne.

Autorganizzazione: perché uno spazio non misto
L’autorganizzazione, per quella che è stata la nostra esperienza, è proprio questo: è cercare una risposta a problematiche e a condizioni materiali che vivono e hanno, in comune, determinati soggetti. Da questa pratica viene la necessità di una separazione dal contesto più ampio vissuto quotidianamente, la necessità di un momento di analisi proprio dei soggetti in questione e vissuto solo da essi, che si declina nel nostro caso in un'assemblea di sole donne. La separazione non è vissuta però come una scelta definitiva, almeno nel nostro caso: è il punto di partenza per elaborare una riflessione e una rilettura, di genere, da riportare successivamente nel contesto più ampio.

luogo non misto come rafforzamento. (Vogliamo anche le lotte! :P)
Lo spazio non misto è anche un luogo in cui rafforzare la propria posizione per non subire dinamiche imposte da altri. E’ un metodo per evitare di interiorizzare una condizione subalterna e imputare le difficoltà che si riscontrano solo a questioni personali e caratteriali. Lo spazio non misto è, per noi, il punto di partenza per far vivere pratiche diverse anche nei luoghi misti. Nel laboratorio, quindi, nascono com’è naturale, anche delle rivendicazioni e delle lotte che andranno portate al di fuori di esso.

Confrontandoci..
Fuori dall'università esistono realtà di donne autorganizzate che, lavorando in diversi contesti sociali, costruiscono percorsi di analisi di genere scegliendo spazi, pratiche e modi diversi di agire. Consapevoli del fatto che le esperienze e le analisi che usciranno dal confronto di oggi possano arricchire la nostra DI analisi, abbiamo scelto di invitare ad intervenire queste realtà.


C’era una volta una donna. 
C’erano una volta due tre quattro cinque donne.
C’era una volta un gruppo  di donne.
Le donne cominciarono a parlarsi. 
Le donne cominciarono a discutere. 
Le donne cominciarono a riflettere sul fatto che erano donne.
Sul fatto che tutte loro erano donne. 
Che forse anche le altre donne erano donne. 
Che forse certi problemi che vivevano tutti i giorni, certe discriminazioni, certe difficoltà
Potevano dipendere dal loro essere donne.
Che dipendevano in effetti dal loro essere donne.
E da qui cominciava
L'AUTORGANIZZAZIONE DELLE DONNE.