lunedì 3 ottobre 2011

Le Donne Non Pagheranno Il Loro Debito!

Nell'ultimo anno abbiamo assistito ad un ulteriore acuirsi della crisi economica e finanziaria in tutta Europa che ha portato ad esplosioni di rabbia sociale e rivolte come nel bacino del Mediterraneo.

In Grecia le riforme da macelleria sociale hanno finito di distruggere un welfare che già era in via di estinzione da anni, senza riuscire però a riportare il paese agli standard dell'Unione Europea.

In Inghilterra si è assistito all'esplosione di una rabbia sociale incontenibile, che si è manifestata nella devastazione dei luoghi del capitalismo e nel saccheggio dei prodotti creati per la così detta middle class. Oggi più un'utopia che una realtà!

Nel Medio Oriente le e i giovani hanno animato un movimento inarrestabile, che si batteva per i beni di prima necessità, contro una casta politico economica e delle istituzioni vecchie e repressive che non erano in grado di rappresentare i loro bisogni, e riuscendo alla fine a ribaltare regimi che dominavano in quei paesi da decenni.

Lo spauracchio del debito è diventato l'arma di ricatto con cui la Banca Centrale Europea costringe Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda e Italia in primis, e tutti i governi dell'Euro Zone poi, ad approvare manovre finanziarie di tagli e sangue, al fine di garantire una presunta stabilità economica di questi paesi, ripagando in questo modo i debiti pubblici contratti in vent'anni.

Ancora una volta studenti/esse,lavoratori, donne, migranti, anziani sono costretti e costrette a stringere una cinghia che non ha più buchi, mentre banchieri, governi, industriali e multinazionali allargano le loro a dismisura.
   
L'anno politico in Italia è iniziato con l'approvazione di una manovra finanziaria da 54 milioni che taglia ulteriori fondi a regioni e comuni, impedendo loro di garantire servizi essenziali come i trasporti e la sanità; aumenta l'età pensionabile per le donne del settore privato a 65 anni, in nome di una parità tra i due sessi che punta al ribasso; continua a smantellare i diritti dei/delle lavoratori/lavoratrici; aumenta l'IVA di un punto percentuale, provocando un ulteriore aumento dei prezzi dei beni di prima necessità. Se si chiudono gli occhi e si torna un po' indietro con il pensiero, sembra di essere nella Grecia del 2008, con l'Europa che preme per l'approvazione della manovra e il governo che ignora e soffoca ogni forma di dissenso.
   
Ma cosa comporta per una donna questa manovra finanziaria?

Lo smantellamento dei servizi pubblici come i consultori, gli asili nido, il tempo pieno a scuola, cancellerà tutto quello che le donne hanno conquistato con le battaglie degli anni 70: il diritto alla salute, alla gestione del proprio corpo e ad una sessualità consapevole; la possibilità di uscire di casa e dal ruolo secolare di mogli e madri; l'indipendenza economica, messa a dura prova dalla dialettica della conciliazione tra lavoro e vita familiare, che comporta part-time e contratti flessibili sempre più precari, rendendo impossibili scatti di carriera.

Ecco come il capitalismo tenta di uscire dalla crisi: rafforzando i suoi capisaldi e fra questi il ruolo della donna come ammortizzatore sociale. Le donne tornano dunque ad essere prigioniere delle proprie case: le mogli sopperiscono ad un welfare state inesistente, occupandosi di figli e anziani; le giovani tornano a vedere il progetto di uscire di casa, iscriversi all'università come un'utopia, in assenza di garanzie come case dello studente, mense, borse di studio, trasporti e libri gratuiti. L'università non sembra neanche più un traguardo così importante, dal momento che sono sempre meno le studentesse laureate che trovano occupazione nel loro settore di studio - tra i giovani tra i 30 e i 34 anni nel 2011 tra le donne sono il 24,2% rispetto al 15,5% degli uomini a fronte del 40% delle laureate che ha un lavoro che richiede una qualifica più bassa del suo livello di istruzione - , mentre si fa strada l'idea che sia più facile e remunerativo un concorso di bellezza, un reality o il mondo della moda. Non vengono più richieste competenza e preparazione, ma quello che sembrano dirci giornali e televisioni è che basta essere carine, sorridenti, disponibili per fare carriera. D'altronde queste qualità sono il requisito essenziale per una donna in qualsiasi settore lavorativo.

In Italia, così come in tutta Europa, le politiche finanziarie hanno colpito indiscriminatamente i diritti dei cittadini e soprattutto delle cittadine, rispondendo ad un disegno economico comune dettato dall’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), che stabilisce le regole del commercio internazionale.

Per questo è necessario mobilitarci tutte e tutti nella giornata europea del 15 Ottobre, aderendo all’appello lanciato dagli Indignados spagnoli, contro quelle politiche di austerity che siamo stanche di subire. A maggior ragione in quanto donne: non possiamo permettere un ulteriore indietreggiamento culturale, che ci tolga quegli spazi di autodeterminazione che ci siamo conquistate con la lotta, sacrificandoli in nome di una ripresa economiche che non sarà la nostra.

   
    TUTTE/I in PIAZZA il 15 OTTOBRE @P.zza della Repubblica h 14:00

   

Editoriale a cura del Collettivo di studentesse Le Malefiche