mercoledì 28 dicembre 2011

"nessuna donna può essere proprietà oppure ostaggio di un uomo, di uno Stato, nè, tantomento, di una religione."

"Queste righe sono per quelle donne che non hanno ancora smesso di lottare. Per chi crede che c’è ancora altro da cambiare, che le conquiste non siano ancora sufficienti, ma le dedico soprattutto a chi NON ci crede. A quelle che si sono arrese e a quelle convinte di potersi accontentare.

A coloro i quali pensano ancora che il "femminismo" sia l’estremo opposto del "maschilismo": non risulta da nessuna parte che quest’ultimo sia mai stato un movimento culturale, nè, tantomeno, una forma di emancipazione! 

Cominciando con le battaglie inglesi delle suffragette del primo Novecento e passando per gli anni ’60 e ’70, epoca dei "femminismi", abbiamo conquistato con le unghie e con i denti molti diritti civili che ci hanno permesso di passare da una condizionedi eterne "minorenni" sotto "tutela" a una forma di autodeterminazione sempre più definita. Abbiamo ottenuto di votare e, solo molto dopo, di avere alcune rappresentanze nelle cariche governative; siamo state tutelate dapprima come "lavoratrici madri" e, solo dopo, riconosciute come cittadini. E mentre gli altri parlavano di diritto alla vita, di "lavori morali" e di dentalità, abbiamo invocato il diritto a decidere della nostra sessualità dei nostri corpi.

Abbiamo denunciato qualsiasi forma di "patriarcato", le sue leggi, le sue immagini. Pensavamo di aver finito. Ma non è finita qui.

Abbiamo grandi debiti con le donne che ci hanno preceduto.
Il corpo delle donne, ad esempio, in quanto materno, è ancora alieni iuris per tutte le questioni cosiddette bioetiche (vedi ultimo referendum), che vorrebbero normarlo sulla base di una pretesa fondata sulla contrapposizione tra creatrice e creatura, come se fosse possibile garantire un ordine sensato alla generazione umana prescindendo dal desiderio materno. Di questa mostruosità giuridica sono poi antecedenti arcaici la trasmissione obbligatoria del cognome paterno, la perdurante violabilità del corpo femminile nell’immaginario e nella pratica sociale di molti uomini e, infine, quella cosa apparentemente ineffabile che è la lingua con cui parliamo, quel tradimento linguistico che ogni donna registra tutte le volte che cento donne e un ragazzo sono, per esempio, andati al mare. Tutto, molto spesso, inizia nell’educazione giovanile in cui è facile rilevare la disuguaglianza tra bambino e bambina: diversi i giochi, la partecipazione ai lavori casalinghi, le ore permesse fuori casa. Tutto viene fatto per condizionare le ragazze all’interno e i ragazzi all’esterno.

Pensiamo poi ai problemi sul lavoro e, dunque, ai datori che temono le assenze, i congedi per maternità, le malattie di figli e congiunti vari, cosicchè le donne spesso scelgono un impiego a tempo parziale, penalizzando la propria carriera.

Un altro problema, spesso dimenticato, è quello delle violenze (specie in famiglia). Malgrado i risultati ottenuti, ancora nel 2005, una donna violentata "avrà avuto le sue colpe", "se l’è cercata" oppure non può appellarsi a nessun diritto perchè legata da vincolo matrimoniale al suo carnefice. Inoltre, la società fa passare pubblicità sessiste o che incitano allo stupro; pornografie e immagini che banalizzano le violenze alle donne.

Per non parlare di quanto il patriarcato resti ancora profondamente radicato nella sfera pubblica, nella forma stessa dello Stato.

Uno Stato si racconta attraverso le sue leggi, attraverso i suoi luoghi simbolici e di potere. Il nostro Stato racconta quasi di soli uomini e non racconta dunque la verità. Da nessuna parte viene nominata la presenza femminile come necessaria e questo, probabilmente, è l’effetto di una falsa buona idea: le donne e gli uomini sono uguali, per cui è perfettamente indifferente che a governare sia un uomo o una donna. Ecco il perchè di un’eclatante assenza delle donne nei luoghi di potere.

Ci siamo fatte imbrogliare ancora. Ma può un paese di libere donne e uomini liberi essere governato e giudicato da soli uomini? La risposta è NO.
Donne e uomini sono diversi per biologia, per storia e per esperienza.

Dobbiamo, quindi, trovare il modo di pensare a un’uguaglianza carica delle differenze dei corpi, delle culture, ma che uguaglianza sia, tenendo presente l’orizzonte dei diritti universali e valorizzandone l’altra faccia. Ricordando, ad esempio, che la famiglia non ha alcuna forza endogena e che è retta dal desiderio femminile, dal grande sforzo delle donne di organizzarla e mantenerla in vita attraverso una rete di relazioni parentali, mercenarie, amicali ancora quasi del tutto femminili; ricordando che l’autodeterminazione della sessualità e della maternità sono OVUNQUE le UNICHE vie idonee alla tutela delle relazioni familiari di fatto o di diritto che siano; ricordando che le donne sono ovviamente persone di sesso femminile prima ancora di essere mogli, madri, sorelle e quindi, che nessuna donna può essere proprietà oppure ostaggio di un uomo, di uno Stato, nè, tantomento, di una religione."

Sen (Stefania Noce)


Stefania era una studentessa della Facoltà di Lettere e Filosofia di Catania, attivista nel movimento studentesco e femminista. E' stata accoltellata dall'ex fidanzato nella propria casa.
Quest'anno, in Italia, più di 130 donne sono state uccise e molte altre hanno subito violenze. Il sistema patriarcale nel quale viviamo "giustifica" simili atti attribuendoli alla follia umana.
NESSUNA GIUSTIFICAZIONE PER LA VIOLENZA SULLE DONNE!

venerdì 25 novembre 2011

L’AUSTERITY E’ VIOLENZA SUL CORPO DELLE DONNE

Il 25 novembre è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Nel nostro paese e in tutto il mondo la violenza contro le donne è all’ordine del giorno: stupri, violenze domestiche, assassinii. Questa condizione è acuita dentro il contesto di crisi.

Abbiamo deciso di aderire all’appelloOccupypatriarchy, una chiamata che nasce all’interno dello spazio pubblico aperto negli ultimi mesi dal movimento Occupy Wall Street. WE ARE THE 99%, slogan delle mobilitazioni statunitensi, non sta a indicare uno spazio liscio ed omogeneo, ma al contrario trae la sua forza dalle differenti striature di colore, genere e condizione che lo fanno vivere.

Le donne con il loro lavoro suppliscono alla crisi economica e a quella politica. Un recente rapporto Istat mostra come il “nuovo sistema di Welfare” abbia a che vedere direttamente con il lavoro femminile non retribuito: come siano, cioè, le nonne a sostituire gli asili nido, le figlie a sostenere il peso dei genitori anziani, le madri ad occuparsi dei figli, e come, in altre parole, il taglio ai fondi per i servizi sociali significhi il trasferimento di compiti e fatica sulle donne.

La violenza sulle donne è frutto di un sistema fondato sulla sopraffazione maschile. In tempi di austerity la parità tra i sessi sembra diventare un di “bene di lusso”. Quando i governi propongono politiche di conciliazione vita-lavoro legittimano, di fatto, il principio per cui una donna deve svolgere più lavori contemporaneamente: precari e senza garanzie nel mercato del lavoro “ufficiale”, senza retribuzione e diritti nella sfera privata. Questa è violenza travestita da austerity!

La crisi attacca ogni possibilità di autodeterminazione, mettendo in discussione la libertà di scelta. Ed è proprio su questa che è stato sferrato l’attacco: l’intento della Proposta di Legge Tarzia è quello di cancellare l’esperienza dei consultori, intesi come strutture sanitarie laiche, adibite alla tutela della salute della donna. Mettendo direttamente in discussione la legge 194 sull’aborto, i consultori vengono proposti come centri per la tutela del concepito e della famiglia, togliendo di fatto qualsiasi centralità all’autonomia delle donne e consentendo l’accesso a figure non qualificate del mondo cattolico.  Il “caso Lazio” è in questo senso emblematico e si configura come laboratorio per legittimare lo smantellamento del Welfare su scala complessiva. Quello dei consultori è, tra gli altri, un terreno di conflitto sul quale bisogna insistere, soprattutto con il governo Monti, in odor di sacrestia, per difendere il diritto alla salute e all’autodeterminazione della donna.

 
Occupyamo spazi per reinventare la democrazia!  I nostri corpi non sono titoli di Stato!
LA VITA SIAMO NOI!

 #OccupyPatriarchy Roma

lunedì 21 novembre 2011

LAVORO..tra SESSO e GENERE

Il VIOLA è il colore dello spirito: rappresenta il valore medio tra terra e cielo, tra passione e intelligenza, tra amore e saggezza.

È il colore della volontà di essere diversi/e, della METAMORFOSI, della transizione, ma anche della fascinazione erotica e della voglia di esprimersi. Un colore che esprime un'energia pura, atavica: una forza legata alla vitalità del rosso e all'intimo accoglimento dell'azzurro.

E' forse per questo che ne siamo così irrimediabilmente attratte: noi, donne in una TRANSIZIONE REVERSIBILE. Perché sentiamo così forte l'urgenza di raccontare le nostre vite da equilibriste, di esprimerci sui nostri desideri, di interrogarci sui cambiamenti che ci condizionano e su quelle forme di resistenza ai mutamenti che ci soffocano.

Questo mondo femminile, con i suoi difficili processi di mutazione, ci mette di fronte a una realtà complicata da rappresentare. Operaie e insegnanti, impiegate e ricercatrici, sex workers, colf e lavoratrici dello spettacolo, sono oggi parte del lavoro subalterno di nome o di fatto.

Eppure, talvolta, queste vite appese a un filo, queste voci invisibili vengono a galla per costringerci a prendere parola.

Il fenomeno nascosto del lavoro di riproduzione. Il lavoro non retribuito e non riconosciuto delle donne. Il lavoro sessuale e il lavoro di cura. Il lavoro femminilizzato e il lavoro conciliato.

Il lavoro flessibile o a tempo parziale reversibile, il lavoro a domicilio e il telelavoro, il lavoro gratuito, il lavoro obbligato oppure negato.

In questa giungla di ricatti e offerte al ribasso, noi ci prendiamo del tempo per parlarne. Quattro appuntamenti per riflettere e per prendere parola: perché vogliamo essere presenti e decidere delle nostre vite!


24/11 we want sex Nigel Cole, 2010
30/11 Raunch Girl G.De Stefano - L. Rongoni, 2011
06/12 nel lavoro di sandra G. De Stefano, 2006
15/12 voci di Donne native e migranti Rossella Piccinno, 2008

mercoledì 16 novembre 2011

Verso il 17 Novembre

Il 17 novembre da anni è la giornata internazionale dei/delle student*, è divenuta con il tempo una giornata commemorativa ma da diversi anni qualcosa è cambiato anche nel significato di questa giornata.

Siamo in un periodo di crisi economica che non accenna a regredire, sull’italia come su molti altri paesi europei pende un debito che aumenta di giorno in giorno. Questo debito ci dicono che debba essere pagato con i nostri soldi, con le nostre vite. Alla luce dei risvolti politici attuali ci troviamo davanti ad un nuova cricca politica che questa volta non abbiamo neanche votato. Il governo Monti che si insedierà nei palazzi del potere proprio giovedì  non sarà molto diverso dal governo precedente: le politiche di austerity saranno incrementate e ci continueranno a dire che va stretta la cinghia, cinghia che per noi ormai non ha più buchi. Non ha più buchi soprattutto per le donne.

Siamo noi ad essere  in credito nei loro confornti, siamo noi che più di tutti stiamo pagando questa crisi che non abbiamo generato. Le misure prese negli ultimi anni hanno reso le nostre esistenze sempre più precarie a partire dallo smantellamento dell’università, dall’aumento dell’età pensionabile, dal rafforzarsi di contratti sempre più flessibili in nome di una “libertà” e uguaglianza per le donne che punta al ribasso e di quella conciliazione tra lavoro e vita privata che ci vede doppiamente impegnate e drasticamente meno retribuite. Siamo sempre noi che sopperiamo ad un welfare state inesistente, diventando così quell’ammortizzatore sociale che lo stato non garantisce. Produciamo il 50% del PIL mondiale ma deteniamo solo l’1% delle ricchezze mondiali. Tutto quello che con le lotte negli anni abbiamo conquistato ce lo stanno portando via, per pagare un debito che non abbiamo generato.

Per questo scenderemo in piazza il 17, per dire basta a questa falsa emancipazione, per rivendicare autodeterminazione e diritti reali.

LA CRISI NON E’ NEUTRA PERCHE’ IL PROGETTO DI PRECARIETA’ E’ DA SEMPRE SCRITTO SUI NOSTRI CORPI. RIPRENDIAMOCI LE NOSTRE VITE!

lunedì 3 ottobre 2011

Le Donne Non Pagheranno Il Loro Debito!

Nell'ultimo anno abbiamo assistito ad un ulteriore acuirsi della crisi economica e finanziaria in tutta Europa che ha portato ad esplosioni di rabbia sociale e rivolte come nel bacino del Mediterraneo.

In Grecia le riforme da macelleria sociale hanno finito di distruggere un welfare che già era in via di estinzione da anni, senza riuscire però a riportare il paese agli standard dell'Unione Europea.

In Inghilterra si è assistito all'esplosione di una rabbia sociale incontenibile, che si è manifestata nella devastazione dei luoghi del capitalismo e nel saccheggio dei prodotti creati per la così detta middle class. Oggi più un'utopia che una realtà!

Nel Medio Oriente le e i giovani hanno animato un movimento inarrestabile, che si batteva per i beni di prima necessità, contro una casta politico economica e delle istituzioni vecchie e repressive che non erano in grado di rappresentare i loro bisogni, e riuscendo alla fine a ribaltare regimi che dominavano in quei paesi da decenni.

Lo spauracchio del debito è diventato l'arma di ricatto con cui la Banca Centrale Europea costringe Grecia, Spagna, Portogallo, Irlanda e Italia in primis, e tutti i governi dell'Euro Zone poi, ad approvare manovre finanziarie di tagli e sangue, al fine di garantire una presunta stabilità economica di questi paesi, ripagando in questo modo i debiti pubblici contratti in vent'anni.

Ancora una volta studenti/esse,lavoratori, donne, migranti, anziani sono costretti e costrette a stringere una cinghia che non ha più buchi, mentre banchieri, governi, industriali e multinazionali allargano le loro a dismisura.
   
L'anno politico in Italia è iniziato con l'approvazione di una manovra finanziaria da 54 milioni che taglia ulteriori fondi a regioni e comuni, impedendo loro di garantire servizi essenziali come i trasporti e la sanità; aumenta l'età pensionabile per le donne del settore privato a 65 anni, in nome di una parità tra i due sessi che punta al ribasso; continua a smantellare i diritti dei/delle lavoratori/lavoratrici; aumenta l'IVA di un punto percentuale, provocando un ulteriore aumento dei prezzi dei beni di prima necessità. Se si chiudono gli occhi e si torna un po' indietro con il pensiero, sembra di essere nella Grecia del 2008, con l'Europa che preme per l'approvazione della manovra e il governo che ignora e soffoca ogni forma di dissenso.
   
Ma cosa comporta per una donna questa manovra finanziaria?

Lo smantellamento dei servizi pubblici come i consultori, gli asili nido, il tempo pieno a scuola, cancellerà tutto quello che le donne hanno conquistato con le battaglie degli anni 70: il diritto alla salute, alla gestione del proprio corpo e ad una sessualità consapevole; la possibilità di uscire di casa e dal ruolo secolare di mogli e madri; l'indipendenza economica, messa a dura prova dalla dialettica della conciliazione tra lavoro e vita familiare, che comporta part-time e contratti flessibili sempre più precari, rendendo impossibili scatti di carriera.

Ecco come il capitalismo tenta di uscire dalla crisi: rafforzando i suoi capisaldi e fra questi il ruolo della donna come ammortizzatore sociale. Le donne tornano dunque ad essere prigioniere delle proprie case: le mogli sopperiscono ad un welfare state inesistente, occupandosi di figli e anziani; le giovani tornano a vedere il progetto di uscire di casa, iscriversi all'università come un'utopia, in assenza di garanzie come case dello studente, mense, borse di studio, trasporti e libri gratuiti. L'università non sembra neanche più un traguardo così importante, dal momento che sono sempre meno le studentesse laureate che trovano occupazione nel loro settore di studio - tra i giovani tra i 30 e i 34 anni nel 2011 tra le donne sono il 24,2% rispetto al 15,5% degli uomini a fronte del 40% delle laureate che ha un lavoro che richiede una qualifica più bassa del suo livello di istruzione - , mentre si fa strada l'idea che sia più facile e remunerativo un concorso di bellezza, un reality o il mondo della moda. Non vengono più richieste competenza e preparazione, ma quello che sembrano dirci giornali e televisioni è che basta essere carine, sorridenti, disponibili per fare carriera. D'altronde queste qualità sono il requisito essenziale per una donna in qualsiasi settore lavorativo.

In Italia, così come in tutta Europa, le politiche finanziarie hanno colpito indiscriminatamente i diritti dei cittadini e soprattutto delle cittadine, rispondendo ad un disegno economico comune dettato dall’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), che stabilisce le regole del commercio internazionale.

Per questo è necessario mobilitarci tutte e tutti nella giornata europea del 15 Ottobre, aderendo all’appello lanciato dagli Indignados spagnoli, contro quelle politiche di austerity che siamo stanche di subire. A maggior ragione in quanto donne: non possiamo permettere un ulteriore indietreggiamento culturale, che ci tolga quegli spazi di autodeterminazione che ci siamo conquistate con la lotta, sacrificandoli in nome di una ripresa economiche che non sarà la nostra.

   
    TUTTE/I in PIAZZA il 15 OTTOBRE @P.zza della Repubblica h 14:00

   

Editoriale a cura del Collettivo di studentesse Le Malefiche

domenica 25 settembre 2011

LE DONNE CONTESTANO IL CONSIGLIERE REGIONALE OLIMPIA TARZIA

Oggi sabato 24 settembre studentesse, donne, precarie e migranti hanno contestato la presenza dell'On. Olimpia Tarzia a Piazza Navona, Roma, presso la Festa degli Editori Romani.
   
La consigliera, nota anti-abortista e autrice di una legge per la privatizzazione dei consultori, ha presentato il volume "L'aborto e i suoi retroscena" di Alessia Affinito e Virginia Lalli.
   
Le manifestanti, giunte sul luogo della presentazione, hanno contestato l'On. Tarzia ricordandole le oltre 100 mila firme raccolte in questi mesi con l'obiettivo di far ritirare la proposta di Legge Tarzia.
   
Al termine della contestazione, le manifestanti hanno sfilato in corteo per comunicare le ragioni della protesta.
   
L'Assemblea permanente contro la prosta di Legge Tarzia da più di un anno si batte contro l'approvazione di questo infelice decreto legislativo che contribuisce a smantellare la sanità pubblica e a mettere seriamente in discussione la possibilità per le donne di scegliere per sé e di autodeterminarsi.
   
 

Assemblea permanente contro la proposta di Legge Tarzia.
Roma, 24 settembre 2011

sabato 28 maggio 2011

Notte Bianca Dei Desideri!!!

1 GIUGNO, CITTà UNIVERSITARIA, PIAZZALE ALDO MORO!!

Accadde una notte d'inverno di qualche anno fa, e la chiamammo Notte Bianca. Quest'anno inaugura l'estate. In una giornata d’inizio giugno l'università spalanca le porte a una lunga notte di sperimentazione culturale, di condivisione e di partecipazione. Torna l'estate, un'invincibile estate sotto il cielo che sovrasta la Sapienza. Desideri, movimento, difesa dei beni comuni, la nostra notte bianca parla di questo. Un anno incessante di lotte ha animato non solo l’università ma anche l'intera città di Roma, che oggi vive di nuove relazioni, prospettive e progetti comuni: la Notte Bianca è uno di questi, una sperimentazione che parte dalle realtà e dai collettivi di studenti che quotidianamente vivono ed animano l’università e le lotte che in questi anni l’hanno attraversata.

La Notte Bianca è un progetto che ormai da anni si confronta e cerca di sviluppare un discorso concreto e qualificante sul tema della produzione culturale indipendente; è un esperimento che nasce dell'esigenza di trasformare e accrescere le molteplici possibilità che l'università offre come luogo sociale e di produzione artistica.

Il tema della produzione culturale è ormai percepito dalle dirigenze accademiche della Sapienza, sempre più come un'eccedenza da tagliare, un costo inutile da limitare. L'università italiana si è caratterizzata in questi ultimi anni come un luogo nel quale la socialità, che porta a nuove sperimentazioni culturali, viene classificata come un tema avverso ed esterno alla quotidianità accademica, fatta di lezioni continue ed esami. Questa è la logica che ci vorrebbero imporre, e questa è la logica che noi studenti tutti i giorni cerchiamo di capovolgere, con iniziative autogestite e indipendenti che quotidianamente si moltiplicano nelle facoltà, con i seminari e con le attività ludiche che creiamo collettivamente.

Proprio in questo senso la “Notte bianca” è una sperimentazione che irrompe sulla scena culturale non soltanto universitaria, ma anche cittadina, e colma il vuoto e la desertificazione a cui l'università va incontro. Ogni anno migliaia di persone sono attratte da questa giornata, decine di artisti della scena culturale indipendente romana e non solo contribuiscono e collaborano alla manifestazione. E' un progetto totalmente autofinanziato che prende corpo dall'intreccio di esperienze di lotta e di autogestione. La qualità delle performance, dei dibattiti, delle proiezioni e dei concerti che si moltiplicano nei giardini e nelle facoltà della città universitaria sono inoltre manifestazioni culturali di gran lunga più qualificanti dei progetti che l'Università La Sapienza promuove ogni anno, con dei finanziamenti indubbiamente elevati e che spesso risultano di scadente qualità, scarsa attrattiva e per un pubblico ristretto.

Quest'anno la giornata prende il nome di “Notte Bianca dei desideri”, perchè sono stati questi che hanno spinto le nostre proteste in difesa della conoscenza a intrecciarsi con quelle degli operai di Pomigliano e Mirafiori, a legare il nostro “no” alla guerra in Libia ai nostri “si” al referendum su acqua e nucleare. Il movimento studentesco quest’anno è riuscito ad allargare il consenso tra la gente, contrapponendo alle zone rosse e alla militarizzazione delle città la sfiducia dal basso al governo e la riconquista di spazi e strade. La risposta è stata un restringimento sempre più forte del dissenso e un pesante tentativo di reprimere e delegittimare il movimento, attraverso numerose denunce e arresti. Ma se alle zone rosse abbiamo contrapposto la riconquista degli spazi, allo smantellamento dei luoghi di formazione contrapponiamo ancora una volta la libera condivisione del sapere. Per questo i ricavati delle sottoscrizioni finanzieranno le spese legali, che garantiscono la difesa degli studenti denunciati.

Stiamo ancora costruendo dei processi di democrazia dal basso in difesa dei beni comuni, contro le privatizzazioni e la precarietà, che rappresentano oggi una delle sfide più importanti dei movimenti di opposizione sociale. Per questo all’interno della notte bianca troveranno spazio il comitato per l’acqua pubblica e contro il nucleare, perché la sfida dei referendum è una battaglia che il 13 e il 14 giugno deve essere vinta.

I desideri sono il filo conduttore di questa notte bianca. Per questo vogliamo contribuire e sostenere pienamente il percorso verso l’EuroPride dell’ 11 giugno, una giornata contro il muro nero dell’indifferenza e della discriminazione. Percorso in cui lesbiche, gay, trans, queer, intersessuali, bisex e eterosessuali saranno assieme protagonisti nel rivendicare il desiderio di vivere in modi differenti la politica, la socialità e la sessualità.

Perché amare liberamente vuol dire autodeterminarsi, scegliere il proprio futuro e lottare per riprenderselo. Ancora una notte bianca sotto il fitto blu del cielo della Sapienza, ancora una volta apriremo gli spazi universitari alla città, in questa notte inizieremo una nuova estate.

martedì 24 maggio 2011

INCONTRO CON SAMIA WALID - RAPPRESENTATE DI RAWA

mercoledì 25 maggio ore 17.30, fisica - la sapienza


Sono passati 10 anni dall'inizio dell'occupazione militare occidentale in Afghanistan. L'informazione che ci arriva è costantemente filtrata dai media statunitensi e occidentali.

Pochi sono a conoscenza delle condizioni reali del popolo afghano, schiacciato tra la violenza degli insorgenti, la corruzione del governo Karzai e le bombe delle forze americane.

Molti chiacchierano e si riempiono la bocca raccontando di un paese che non hanno mai visto. Pochi sanno che c'è un fronte democratico che sta nascendo per creare i presupposti di un reale cambiamento del paese. Ci siamo accorti con trent'anni di ritardo delle situazioni insostenibili del nord Africa, vogliamo fare lo stesso con l'Afghanistan?

Per questo vi invito a partecipare all'incontro che abbiamo organizzato con Samia Walid.

Samia è una donna forte e coraggiosa, che fa parte di RAWA (Associazione rivoluzionaria delle donne afghane), un'organizzazione di donne che opera da più di trent'anni in clandestinità e che dalla sua nascita denuncia i poteri forti afghani, ora supportati dalle forze di occupazione. Combatte inoltre per una società secolarizzata nella quale le donne abbiano davvero la possibilità concreta di emancipazione.

Nella situazione drammatica in cui versa il paese, Samia ci porterà una testimonianza preziosa e radicale, una posizione politica che difficilmente potrete ascoltare in Italia.

Vi aspettiamo alla Sapienza, più precisamente nella facoltà di Fisica, mercoledì 25 maggio alle 17.30.


Partecipano:

Simona Cataldi, CISDA

Patrizia Fiocchetti, CISDA


Coordina:


Dario Mavilia, AltraMente



Organizzato da Le Malefiche - Laboratorio di genere, AltraMente - scuola per tutti e CISDA - Coordinamento italiano sostegno donne afghane.

OPERAZIONE PAD!!!

martedì 24 maggio ore 18, giurisprudenza - la sapienza..

Le MaleFiche presentano:

OPERAZIONE PAD . . .

machismo e sessismo all'interno dei movimenti!
ma anche nella quotidianità di ognuna di noi!

 

Ne discuteremo con:

Lidia Cirillo autrice de "i quaderni viola"
Angelita  - collettivo femminista e lesbico La Mela Di Eva

Quando:
24 maggio ore 18:00

Dove:   °°°Auletta Autogestita°°°
facoltà di Giurisprudenza, la Sapienza

Non Mancate!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

martedì 5 aprile 2011

MERCOLEDI 6 APRILE - ASSEMBLEA INDECOROSE E LIBERE - ore 17,30

Dopo la mobilitazione dell'8 Marzo in cui siamo scese in piazza per rivendicare diritti, autodeterminazione e welfare e la partecipata assemblea cittadina di donne del 23 marzo alla Sapienza, il percorso autorganizzato delle donne ha deciso di riconvocarsi per il giorno 6 aprile alle ore 17.30 in una assemblea pubblica.   
       
L'ordine del giorno sarà:
  
- Costruzione di una campagna contro la violenza sulle donne
- Costruzione della giornata di consegna delle firme contro la Legge Tarzia alla Regione Lazio il 14/04
- Future prospettive di mobilitazione 
       
Apriamo uno spazio comune di discussione: autodeterminarci coinvolge tutte!
   
Vi aspettiamo tutte e numerose
   
MERCOLEDì 6 APRILE, ORE 17.30
            UNIVERSITA' SAPIENZA - DIPARTIMENTO DI FISICA - AULA MAJORANA 
 
       
  
per info:
http://riprendiamociconsultori.noblogs.org/
lottotuttolanno@gmail.com

domenica 20 marzo 2011

Assemblea INDECOROSE E LIBERE - mercoledì 23/03 ore 17.30 - Facoltà di Lettere - Università Sapienza

A TUTTE LE INDECOROSE E LIBERE!
DONNE, STUDENTESSE, LAVORATRICI, PRECARIE, LESBICHE!

In questi ultimi mesi ci siamo riprese i nostri spazi, le piazze e la parola nel dibattito pubblico; abbiamo urlato il nostro dissenso verso le politiche razziste e securitarie che strumentalizzano i nostri corpi; abbiamo ribadito con forza che la nostra sicurezza non è garantita dai militari nelle strade o dalle telecamere; abbiamo denunciato questo governo per le politiche familiste eterosessiste e discriminatorie portate avanti negli ultimi anni; abbiamo espresso la voglia di parlarci e discutere, rivendicare autodeterminazione per tutte, libertà di scelta per tutte, un nuovo modello di welfare che si basi sui reali e pressanti bisogni delle donne.
   
C'è bisogno di forti prese di parola su temi come il lavoro, i servizi, la mercificazione e la violenza fisica, politica e culturale che le donne subiscono ogni giorno.
   
L'assemblea di mercoledì sarà l'occasione per aprire uno spazio di discussione, dibattito e ripresa di parola e di azione delle donne, come abbiamo fatto nelle strade e nelle piazze, il 13 febbraio a Montecitorio e l'8 marzo con il Corteo Notturno. In queste giornate abbiamo riaperto uno spazio di discussione necessario nella nostra città e nel nostro paese, che  si contrapponeva alle rapide strumentalizzazioni favorite da ogni parte politica su stupri e violenze sulle donne, questioni che riguardano noi e sulle quali vogliamo esprimerci noi, per prime!
   
Autodeterminarci coinvolge tutte. Tutte e tante.

Stanche di essere sempre indisposte e mai soddisfatte, lottiamo tutto l'anno!! :)
   
Siete tutte e tutti invitat* a partecipare all'

ASSEMBLEA CITTADINA
MERCOLEDì 23 MARZO
AULA I, FACOLTA' DI LETTERE
UNIVERSITA' SAPIENZA
ORE 17.30
   
per portare nuove riflessioni sul percorso, nuovi desideri da realizzare, per rivendicare libertà di scelta e autodeterminazione per tutte, per reclamare nuovi diritti e welfare, per boicottare la paura e le parate bipartisan.
   
PERCHE' LA VIOLENZA SULLE DONNE NON E' UN PROBLEMA DI ETNIA, MA UNA QUESTIONE CULTURALE E POLITICA!

 
info: riprendiamociconsultori.noblogs.org

martedì 1 marzo 2011

Riprendiamoci le nostre vite ...INDECOROSE E LIBERE!

LOTTO TUTTO L'ANNO

L'OTTO M'ARZO E M'ARIVORTO!

INDECOROSE E LIBERE!

Siete tutte invitate al corteo carnevalesco per le strade del centro di Roma

per reclamare diritti e nuovo welfare,

riprenderci le piazze e i nostri desideri,

boicottare la paura e le parate bipartisan!

...mettete qualcosa di rosso! 

L'OTTO TUTTO L'ANNO

Riprendiamoci le nostre vite indecorose e libere!

Negli ultimi mesi un’energia nuova e dirompente è emersa dalle mobilitazioni delle università e dei precari, dalla resistenza degli operai e dei migranti, fino a giungere alle ribellioni dell’Egitto e delle coste del Mediterraneo.

E’ un grido di rivolta che denuncia un sistema sociale ingiusto e si rifiuta di pagarne i costi.
   
 Il 13 febbraio scorso noi donne ci siamo opposte alle politiche che soffocano le nostre vite e che hanno portato al progressivo restringimento dei nostri diritti e dei nostri spazi di libertà. Abbiamo attraversato piazza del Popolo, invaso le strade di Roma e ci siamo spinte fino a Montecitorio per “restituire al mittente” le leggi contro le donne approvate negli ultimi anni dai governi sia di centrodestra che di centrosinistra: le dimissioni in bianco, il collegato lavoro, la legge 40 sulla procreazione assistita, l’innalzamento dell’età pensionabile, il pacchetto sicurezza e tante altre.
    
Anche l’8 marzo vogliamo riportare in piazza la stessa voce e, con lo stesso linguaggio impetuoso, rimettere al centro la questione della redistribuzione delle ricchezze: tra chi fa i profitti e chi sta pagando questa crisi, tra chi possiede palazzi e chi non ha casa, tra chi si giova di stipendi milionari e chi non ha un lavoro.
    
Vogliamo contestare chi mette in discussione la nostra autodeterminazione saturando le strutture pubbliche di obiettori di coscienza, limitando la diffusione della pillola RU486 o sostenendo la privatizzazione delle strutture sanitarie come i consultori (vedi la proposta di legge Tarzia per la regione Lazio), luoghi che noi invece vorremmo reinventare partendo dai nostri attuali bisogni.
    
Vogliamo ribellarci a una cultura e a un immaginario usati per controllare e disciplinare i nostri corpi e la nostra sessualità. Dal lavoro alla sanità, infatti, l’unico ruolo legittimato per le donne è quello di moglie e madre. Eppure spesso nel momento dell’assunzione ci vengono fatti firmare fogli di “dimissioni in bianco” che il datore di lavoro potrà tirar fuori nel momento in cui dovessimo dichiarare di essere incinte.
    
Viviamo nel Paese della doppia morale, dove l’unico modello accettato e promosso è la famiglia eterosessuale, quella stessa famiglia in cui, come le statistiche ufficiali ci raccontano, avvengono la maggior parte delle violenze sulle donne attuate da mariti, compagni e padri. E’ anche per questo che rifiutiamo la precarietà: perché ci obbliga a dipendere economicamente e culturalmente da un modello relazionale che ci impedisce di poter scegliere dove, come, quando e con chi essere o NON essere madri.
    
Eppure la stessa retorica familista che dichiara di promuovere e sostenere la genitorialità, di fatto ne ostacola la possibilità a lesbiche, single, gay, trans e a tutti quei soggetti che sfuggono alla norma eterosessuale e cattolica.

Ed è sempre la stessa logica che da un lato stigmatizza e criminalizza le sex workers attraverso pacchetto sicurezza e campagne moraliste e sul “decoro”, e dall’altro ne fa un uso “spettacolarizzato” e strumentale al piacere maschile diffuso all'interno dei Palazzi del potere, ma non solo.
    
L’8 marzo scenderemo in piazza anche per smascherare le politiche razziste di questo governo che sfrutta il lavoro di cura svolto per la maggior parte da donne migranti e contemporaneamente le trasforma in “pericolose” protagoniste dell'“emergenza immigrati” oppure le priva della libertà e le rende vittime di violenze nei CIE.
    
Per tutte queste ragioni saremo in piazza l’8 marzo, per rivendicare diritti e libertà, perchè i nostri desideri non hanno né famiglia né nazione, noi non siamo “italiane per-bene": siamo precarie, studentesse, lesbiche, trans, siamo donne che rifiutano il modello di welfare familistico, nazionalista, cattolico ed eterosessista.
   
Vogliamo riappropriarci delle nostre voci e dei nostri corpi e anche delle strade, della notte e delle nostre relazioni: rivendichiamo diritti, welfare e autodeterminazione.
 
Siamo tutte DONNE in CARNEvale e OSSA!!
L'otto... m'arzo e m'arrivolto!
    
CORTEO NOTTURNO - MARTEDì 8 MARZO 2011
Partenza ORE 18 - Bocca della verità - Roma

    
Centro Donna Lisa, Donnedasud, Infosex-Esc, le Facinorosse, le Malefiche, la Meladieva, le Ribellule, Lucha y Siesta Action-A, SuiGeneris

 
www.riprendiamociconsultori.noblogs.org/
Per info : lottotuttolanno@gmail.com
 
 

giovedì 17 febbraio 2011

ASSALTO AL CIELO... E A MONTECITORIO!

Editoriale di analisi della manifestazione del 13 febbraio a Roma – a cura del collettivo di studentesse LeMalefiche

La giornata del 13 febbraio – per noi studentesse che abbiamo vissuto il movimento nelle università e che costruiamo ogni giorno i nostri collettivi di genere in facoltà - è stata molto di più di quello che doveva essere secondo l'appello che la lanciava.
   
È stata di più di un giorno in cui dire “se non ora quando?” per stanchezza o frustrazione.
   
È stata molto di più anche di quello che ci aspettavamo: non solo l'invasione di piazza del Popolo, non solo un riprendere la parola per dirci indignate.
     

Il nostro 13 febbraio è cominciato all'una in punto a piazza Barberini, dove alcune donne si sono date appuntamento, in un centro di Roma semi addormentato, popolato solo da qualche turista per caso.
   
È cominciato quando sono iniziati a spuntare pacchi regalo, portati uno ad uno da più donne che si sono unite insieme: studentesse, migranti, precarie, mamme, bimbe, sex workers, lesbiche. Donne che si sono dirette sotto il ministero delle Politiche Sociali e del Welfare per restituire al mittente i "pacchi" che in questi anni il governo e la politica in generale hanno loro rifilato: l'obiezione di coscienza contro la RU486, la legge regionale

Tarzia, la Legge 40, il pacchetto sicurezza, l'aumento dell'età pensionabile, la proposta di legge Carfagna sulla prostituzione.
   
Leggi e abitudini di un paese moralista e religioso, ma anche alcune consuetudini: la tipica domanda che ci viene rivolta quando facciamo un colloquio è: “ma lei, signorina, vuole mettere su famiglia?”; ci fanno firmare lettere di dimissioni in bianco quando veniamo assunte, cosicché i nostri datori di lavoro possano “tutelarsi” (nel caso dovessimo rimanere incinte, stare male o avere da badare a qualche parente bisognoso di cui lo Stato non si occupa scaricando così su di noi - da sempre, ma speriamo non per sempre - tutto il lavoro di cura).
   
È così, rispedendo al mittente tutti questi pacchi, che abbiamo deciso di iniziare una giornata che volevamo costruire passo dopo passo secondo le nostre esigenze e attraverso un percorso partecipato.
   
Durante il corteo siamo state estremamente comunicative, con il volantinaggio delle carte, i cartelli, i nostri corpi, e i nostri sorrisi. Ma anche decise nel chiedere a gran voce lo sciopero generale: arrivate a Piazza del Popolo siamo state seguite da molte e sostenute nella richiesta.
   
Un coro che chiedeva dal basso a Susanna Camusso sul palco, di non sostenere le donne solo a parole nelle grandi giornate di mobilitazione, ma anche nel lavoro di tutti i giorni, quando la Cgil firma accordi che i diritti delle donne lavoratrici li distruggono, cedendo alla contrattazione invece di essere un sindacato di lotta.
   
Abbiamo intonato quel coro, insieme a tanti altri.
   
"Siamo tutte egiziane", "Né puttane né madonne siamo tante donne", "Non ci piace la legge che vuoi te, Olimpia Tarzia vattene", "Noi andiamo dove ci pare", "Non ci piace il governo che fai te, Berlusca vattene", "Berlusconi come Mubarak", "10 100 1000 masturbazioni", cori vecchi e nuovi, già sentiti o meno, ma che il 13 sembravano più forti, consapevoli.
   
Eravamo lontane da quella piazza tanto grande da non contenerci tutte, ma che ha rappresentato la voglia delle donne di uscire, di parlarsi e gurdarsi, sconosciute nella stessa strada, ascoltarsi, e sentirsi importanti, parte di un ragionamento che, bene o male, ha cercato di allargarsi per raggiungere tutte. Il nostro corteo è stato capace di dialogare, moltissimo al suo interno e ancora di più fuori, e questa è una pratica femminista che nessuno potrà mai toglierci.
   
Ma è stato quando già quella giornata ci aveva dato tanto che a piazza Colonna abbiamo dato vita ad un atto liberatorio degno della grandezza della giornata: dopo un accerchiamento perfetto, ci siamo sciolte in una corsa e in un urlo di sfogo verso tutto e tutti... le donne con ostinazione e risate si sono riprese una piazza  erennemente deserta, attraversata solo da quei fantasmi che popolano il nostro parlamento.
  
Siamo corse urlando il nostro dissenso nei confronti di un premier, un governo e una cultura che da anni fanno della donna ciò che vogliono: ne attaccano i diritti fondamentali, le libertà di scelta e i pochi servizi, la sfruttano e sottopagano nel mondo del lavoro, veicolano massaggi sessisti e di subordinazione dell'una all'altro in qualsiasi ambito, familiare, di studio, sociale, in tv, ne sfruttano il corpo per strumentalizzarlo prima e farne uso e consumo poi. Averlo fatto in quella giornata significa averlo fatto TUTTE, e non solo le poche che giornalmente hanno la possibilità di costruire un percorso di autorganizzazione ed emancipazione.
  
Solo dai video è possibile – forse - intuire il panico misto godimento che abbiamo espresso in quei momenti, entrando a piazza Colonna e andando oltre.
   
Ci volevano le donne per occupare Montecitorio.
   
La piazza richiedeva all'unanimità una sola cosa: dimissioni del governo!   
Ma la radicalità nell'arrivare sotto il Parlamento è stata contraddistinta dalla voglia di mandare a casa il governo Berlusconi non per sdegno morale, ma per la rabbia e la ferma opposizione alle politiche che questo governo sta portando avanti.

Le donne vogliono che il governo cada non perché sono indignate per le notti di Arcore, non perché i giudici finalmente hanno incriminato Berlusconi. Le donne chiedono le dimissioni del governo perché sono stanche di vedere i loro diritti e le loro libertà affossate.  
E per questo hanno scelto di scendere in piazza non da sole, ma con tutti coloro – anche uomini – che a quelle politiche vogliono ribellarsi.

Forse la giornata del 13 qualcosa ha segnato davvero... ci siamo rivendicate i nostri corpi! I nostri desideri! La nostra rabbia!
   
Molte delle donne che in quella giornata hanno manifestato sono scese in piazza per un'esigenza, una mal di pancia. Per voglia e bisogno.
   
Tante, tantissime, belle, rock&roll e LIBERATE.   

E al loro fianco hanno cercato tutte le lotte sociali che sono vive in questo paese.  

Abbiamo partecipato al movimento studentesco in autunno, abbiamo lavorato alla campagna per la ripubblicizzazione dell'acqua, abbiamo cercato di costruire rapporti con i lavoratori e le lavoratrici in lotta in questo paese, i soggetti LGBITQ, le migranti e i migranti. Ci impegnamo a far sì che queste realtà in rivolta riescano a parlarsi per riprendersi il presente e costruire il futuro.

Forse finalmente è arrivata l'ora di fare come in Egitto: le donne, come gli studenti e le studentesse, hanno mostrato di essere pronte.
Ora ci chiediamo se anche le altre lotte sociali ci stanno a mandare a casa questo governo... se non ora, quando?

   

LeMalefiche – collettivo di studentesse

lunedì 7 febbraio 2011

INDECOROSE E LIBERE! Appello verso la manifestazione del 13 febbraio

In questa fase di profonda crisi, politica ed economica, il tema della sessualità assume una nuova centralità; in questo contesto il ruolo delle donne viene nuovamente determinato e strumentalizzato da dinamiche di potere e ordini discorsivi ideologici e tradizionalisti.
   
Sicuramente da tempo c'è bisogno di una mobilitazione di donne contro il governo e il suo premier e non di certo solo per gli scandali sessuali. Le donne italiane si collocano tra gli ultimi posti in Europa per libertà e condizioni di vita, soprattutto in un quadro in cui il governo combina l'adesione incondizionata all'integralismo cattolico con quella ai dogmi del liberalismo sfrenato.
       
La direzione politica di Berlusconi è stata artefice feroci leggi che agiscono sul corpo delle donne, vittimizzandolo e stigmatizzandolo: la 40 sulla fecondazione assistita, l’abrogazione della legge contro la pratica delle dimissioni in bianco, che consente il licenziamento delle lavoratrici in gravidanza, l’aumento dell’età pensionabile sono solo alcuni esempi eclatanti delle politiche messe in campo dal Governo.
       
A questi si aggiungono i ripetuti attacchi alla legge sull'aborto; la dequalificazione e privatizzazione delle strutture sanitarie come, ad esempio, i consultori (vedi la proposta di legge Tarzia per la regione Lazio), l’ostracismo contro la diffusione della pillola RU486. Tutto questo in un paese che disinveste completamente sui giovani e sul futuro, tagliando i finanziamenti all’università e precarizzando selvaggiamente il lavoro. Donne e migranti sono i soggetti che subiscono le maggiori conseguenze di questo sistema politico, vedendo negate le garanzie fondamentali ad un’esistenza libera e dignitosa. Non da ultimo, l’istituzione dei CIE, veri e propri Lager, in cui le donne sono costantemente esposte alla violenza e all'arbitrio.
       
Gli scandali degli ultimi mesi che hanno avuto al centro la condotta sessuale del presidente del Consiglio fanno emergere un quadro di relazioni torbide e corrotte, in cui il ruolo della donna viene relegato ai peggiori sterotipi espressione di un sessismo arcaico e volgare.
       
D’altra parte, gli appelli che in questi ultimi giorni hanno chiamato a manifestare si rivolgono alle donne “per bene”, madri, mogli e lavoratrici, assumendo di fatto come prospettiva la separazione tra donne rispettabili e non rispettabili, invocando la difesa di una moralità univoca e astratta. Il rischio in cui incorrono queste posizioni è di colpire e stigmatizzare indiscriminatamente chi "vende il proprio corpo", ma non i discorsi e le pratiche sessiste responsabili della dinamica complessiva. Invece di opporsi realmente ad una certa idea retrograda e tradizionale della sessualità, non fanno che riproporne, in modo simmetrico, i contenuti.
       
Crediamo invece che i nodi politici da rimettere al centro siano di tutt’altra natura. Centrale è la questione della redistribuzione delle ricchezze tra chi fa i profitti e chi sta pagando questa crisi, tra chi possiede palazzi e chi non ha casa, tra chi si giova di stipendi milionari e chi non ha un lavoro.
       
Ma crediamo soprattutto che sia giunto il momento che le donne prendano in prima persona parola ed esprimano la propria posizione su temi che le coinvolgono direttamente. Da tempo la sessualità delle donne viene controllata e disciplinata, ricondotta alla mera riproduzione e all’uso del piacere maschile, in un quadro ambiguo in cui se da un lato le prostitute vengono criminalizzate ed emarginate dalla società attraverso i pacchetti sicurezza e le campagne moraliste, dall’altro, nei palazzi politici, se ne fa uso e consumo.
       
E' significativo che il momento di maggiore difficoltà del governo Berlusconi sia prodotto da una questione di rapporti sociali che hanno al centro la questione di genere. Questa volta sarebbe davvero una straordinaria occasione per suscitare una rivolta delle donne, che affermi l'importanza di una sessualità libera e consapevole svincolata dalla mercificazione e dalle norme imposte, in cui decisivi siano il riconoscimento dei desideri, la liberazione dagli stereotipi, e l'esercizio dell'autodeterminazione.
       
E’ con questo sentimento che attraverseremo la giornata del 13, perché pensiamo che sia imprescindibile una presa di parola pubblica e determinata da parte di tutte, per costruire un nuovo immaginario che affermi di nuovo la vera libertà delle donne.
       
            Ci vogliono addomesticate… NOI SAREMO INDISPONIBILI E RIBELLI!
       
centrodonnal.i.s.a., donnedasud, infosex-esc, lefacinorosse, lemalefiche, lameladieva, leribellule, luchaysiesta

mercoledì 26 gennaio 2011

SISTERS ARE DOIN' IT FOR THEMSELVES (TOO) - PERCHÉ SCENDERE IN PIAZZA IL 28 GENNAIO

editoriale a cura del collettivo LeMalefiche - Roma

Siamo parte di quel movimento che negli ultimi mesi è sceso in piazza contro la riforma Gelmini e contro l'ultimo attacco al diritto allo studio; siamo parte di una generazione che si sta ribellando, cosciente di non avere futuro.
 
La rabbia sociale che si è diffusa in questi mesi, esplosa il 14 dicembre nelle piazze, è testimonianza di una forte consapevolezza. Racconta della decisione di quella stessa generazione in rivolta di non restare inerme davanti ai continui attacchi ai diritti fondamentali, come l'università pubblica, la salute e il lavoro, e all'offensiva ugualmente violenta ai beni comuni, come le risorse ambientali e il territorio, da parte della politica istituzionale, in nome della crisi economica.

Come studentesse respingiamo con forza la riforma Gelmini che, insieme ai tagli imposti dall'ultima finanziaria, segna la fine dell'università pubblica. Tra i tanti criticabili provvedimenti, denunciamo come la riduzione del numero di ricercatori e ricercatrici comporti un sempre minor accesso delle donne alla carriera universitaria: le donne, pur rappresentando oggi il 58% dei laureati, hanno percentuali sempre più basse di occupazione quando si analizzano i gradi più alti della formazione e del curriculum accademico (ricercatrici 40%, prof.sse associate 32%, prof.sse ordinarie 14% e sono soltanto 2 le donne rettore). Non meno importanti sono gli effetti dell'entrata dei privati nei consigli di amministrazione degli atenei, dove imprenditori potranno di fatto pilotare direttamente i fondi per la ricerca secondo le proprie esigenze, e dell'accorpamento didattico di dipartimenti e intere facoltà: è facile immaginare come questo tipo di provvedimenti possa portare alla censura di alcune innovazioni disciplinari, come l'istituzione di corsi di Studi di genere, che con grande fatica in alcuni atenei si stava cercando di mettere in atto. Conseguenza di tutto questo è la sempre più carente offerta formativa, che pesa soprattutto sulle studentesse.

Volere un'università di massa, laica e pubblica è per noi ancora necessario: l'accesso all'istruzione è un passo indispensabile verso quell'emancipazione che le donne oggi pensano di aver conquistato, ma che invece viene loro rosicchiata di giorno in giorno.  
Non c’è la possibilità di essere libere di scegliere ed emanciparsi in un paese in cui le politiche sociali tendono a relegare la donna in casa e a delegarle tutto il lavoro di cura. Non c'è libertà di scelta quando i tagli previsti per la sanità portano a provvedimenti, come la proposta di legge Tarzia alla Regione Lazio, che mirano a definanziare i servizi pubblici come i consultori, luoghi di prevenzione e informazione sulla salute delle donne.
Non c'è libertà di scelta quando il peggioramento delle condizioni contrattuali e di lavoro ricade su lavoratrici che già vivono una condizione di maggiore oppressione rispetto ai loro colleghi uomini.
In questi giorni è sotto gli occhi di tutt* l'accordo proposto da Marchionne ai lavoratori e alle lavoratrici della FIAT: un attacco ai diritti fondamentali dei lavoratori in nome di una  politica che tende unicamente al profitto dell'azienda; l'offensiva al settore metalmeccanico ricade su una categoria, quella delle operaie, che già subisce forti discriminazioni.
   
La nostra analisi parte da "La voce di 100.000 lavoratori-lavoratrici. Sintesi dei risultati dell'inchiesta nazionale sulla condizione delle metalmeccaniche e dei metalmeccanici in Italia" a cura di Eliana Como, pubblicata nel 2008, promossa dalla FIOM.

L'inchiesta è basata su 96.607 questionari validi, somministrati in circa 4000 imprese metalmeccaniche su tutto il territorio nazionale. Il fatto che il 44,4% delle lavoratrici e dei lavoratori intervistati non appartenga ad alcun sindacato, rafforza la significatività e la rappresentatività dei risultati e scongiura il rischio che questi siano influenzati.

Degli intervistati il 22% sono donne, ricalcando il dato ISTAT 2001 per cui la presenza femminile nel comparto metalmeccanico è pari al 20,5%.
 
Abbiamo letto tutta l'inchiesta in dettaglio e quello che ne è emerso è imbarazzante.

In un comparto in cui già le condizioni di vita e lavoro sono critiche per tutt*, per le lavoratrici diventano ancora peggiori dal punto di vista del salario, della salute, dell’alienazione, della precarietà e delle discriminazioni.

Considerando che l'indagine si riferisce al biennio 2007-2008, non possiamo che pensare che la situazione ad oggi sia ulteriormente peggiorata, visto l’accordo/ricatto che hanno subito e subiranno i/le operai* FIAT nei diversi stabilimenti.

Secondo l'inchiesta il reddito netto medio di un operaio è di 1,246 euro mensili. Tra le donne la media cala (una donna su 3 guadagna meno di 1000 euro al mese): i redditi mensili delle donne risultano più bassi di quelli degli uomini, anche a parità di mansione, qualifica, ore lavorative ed anzianità.
   
La maggior parte delle donne sono operaie (66%) o inserite come impiegate nell'amministrazione. Le persone a capo di settori e reparti sono quasi tutti uomini ed è impossibile trovare un lavoratore uomo che lavori per un capo donna. È così che assistiamo spesso a relazioni sociali che si traducono in intimidazioni, discriminazioni e violenze legate al genere (6,7%), alle preferenze sessuali (5,2%) e all'etnia (1,9%) o alla nazionalità (20%). Nei confronti delle donne quindi, soprattutto se migranti e particolarmente giovani: addirittura il 4,7% dichiara di essere stata vittima di violenze fisiche da parte di colleghi uomini.

Inoltre un operaio su 5 dichiara che l’informazione sulla sicurezza sul lavoro non è adeguata.

È alta tra le donne (47%) la consapevolezza dei danni che il proprio lavoro comporta sulla salute: soprattutto le giovani lavoratrici ritengono che non potranno svolgere la mansione che ricoprono attualmente anche quando avranno 50 anni.

Da un recente studio ISTAT emerge che il 76,2% del lavoro familiare nelle coppie italiane  è a carico delle donne, in questo ambito infatti possiamo "vantare" un primato europeo. L'inchiesta promossa dalla FIOM non fa che rincarare la dose: il 75% delle lavoratrici dichiara di aver dovuto accettare un contratto part-time a causa degli impegni familiari e per il 31% delle donne è previsto un orario lavorativo di 40 ore settimanali particolarmente parcellizzato e stressante (al quale si sommano altre 20 ore di lavoro domestico). È anche più facile che siano le donne ad avere un contratto precario (il 13% rispetto all'8% degli uomini).

In tutti gli ambiti analizzati dall'inchiesta le donne risultano subire ricatti e danni (fisici e materiali) nettamente superiori anche a parità di mansione, ore di lavoro, titolo di studio e anzianità rispetto ai colleghi uomini.

Ecco che su circa un milione di posti di lavoro persi per la crisi economica tra il 2008 e il 2009, le donne rappresentano la maggioranza, nonostante l’impiego delle donne in Italia sia di 10 punti inferiore alla media europea.   

In questa drammatica situazione è importante sottolineare come, sempre secondo i dati ISTAT, molti dei "no" al progetto di Marchionne a Mirafiori, siano stati espressi da donne.
 
Segno questo di consapevolezza e responsabilità delle metalmeccaniche che, di fronte ad un accordo che ne peggiorerà notevolmente le condizioni di lavoro, scelgono di non cedere al ricatto imposto dall’azienda.
   
Saremo a Cassino il 28 gennaio al fianco dei lavoratori e delle lavoratrici doppiamente ricattabili, perché donne.
   
Oggi più che mai sentiamo la necessità di investire in un'unione delle lotte sociali tra studentesse, lavoratrici, precarie, migranti: è evidente la forte necessità di affrontare analisi e discussioni specifiche sulla condizione attuale delle donne; crediamo ci sia bisogno di un ragionamento ampio che vada dalle politiche securitarie, razziste e xenofobe, che vari governi hanno portato avanti in questo paese, alle politiche familiste della destra, agli stereotipi della televisione, alla strumentalizzazione dei nostri corpi.

Continuiamo a subire una duplice oppressione, quella di genere e quella che viviamo come studentesse e lavoratrici, sul luogo di lavoro, all'università o negli altri luoghi sociali in cui viviamo. Pensiamo quindi che proprio a partire da questi luoghi le donne devono riunirsi e autorganizzarsi, prendere coscienza della loro condizione e poi reagire, autodeterminandosi, radicalizzando e rafforzando così ogni forma di lotta.  

Ma una vittoria parziale è insufficiente: solo unendo le lotte si può rispondere alla rabbia che proviamo e che abbiamo portato in piazza, noi per prime, studentesse e donne in rivolta.

   
    PER QUESTO IL 28 GENNAIO TUTT* A CASSINO!

   
    LeMalefiche - Collettivo di studentesse dell'Università "Sapienza" di Roma