"Queste righe sono per quelle donne che non hanno ancora smesso di
lottare. Per chi crede che c’è ancora altro da cambiare, che le
conquiste non siano ancora sufficienti, ma le dedico soprattutto a chi
NON ci crede. A quelle che si sono arrese e a quelle convinte di potersi
accontentare.
A coloro i quali pensano ancora che il "femminismo" sia l’estremo
opposto del "maschilismo": non risulta da nessuna parte che
quest’ultimo sia mai stato un movimento culturale, nè, tantomeno, una
forma di emancipazione!
Cominciando con le battaglie inglesi delle
suffragette del primo Novecento e passando per gli anni ’60 e ’70, epoca
dei "femminismi", abbiamo conquistato con le unghie e con i denti molti
diritti civili che ci hanno permesso di passare da una condizionedi
eterne "minorenni" sotto "tutela" a una forma di autodeterminazione
sempre più definita. Abbiamo ottenuto di votare e, solo molto dopo, di
avere alcune rappresentanze nelle cariche governative; siamo state
tutelate dapprima come "lavoratrici madri" e, solo dopo, riconosciute
come cittadini. E mentre gli altri parlavano di diritto alla vita, di
"lavori morali" e di dentalità, abbiamo invocato il diritto a decidere
della nostra sessualità dei nostri corpi.
Abbiamo denunciato qualsiasi forma di "patriarcato", le sue
leggi, le sue immagini. Pensavamo di aver finito. Ma non è finita qui.
Abbiamo grandi debiti con le donne che ci hanno preceduto.
Il corpo delle donne, ad esempio, in quanto materno, è ancora
alieni iuris per tutte le questioni cosiddette bioetiche (vedi ultimo
referendum), che vorrebbero normarlo sulla base di una pretesa fondata
sulla contrapposizione tra creatrice e creatura, come se fosse possibile
garantire un ordine sensato alla generazione umana prescindendo dal
desiderio materno. Di questa mostruosità giuridica sono poi antecedenti
arcaici la trasmissione obbligatoria del cognome paterno, la perdurante
violabilità del corpo femminile nell’immaginario e nella pratica sociale
di molti uomini e, infine, quella cosa apparentemente ineffabile che è
la lingua con cui parliamo, quel tradimento linguistico che ogni donna
registra tutte le volte che cento donne e un ragazzo sono, per esempio,
andati al mare. Tutto, molto spesso, inizia nell’educazione giovanile in
cui è facile rilevare la disuguaglianza tra bambino e bambina: diversi i
giochi, la partecipazione ai lavori casalinghi, le ore permesse fuori
casa. Tutto viene fatto per condizionare le ragazze all’interno e i
ragazzi all’esterno.
Pensiamo poi ai problemi sul lavoro e, dunque, ai datori che
temono le assenze, i congedi per maternità, le malattie di figli e
congiunti vari, cosicchè le donne spesso scelgono un impiego a tempo
parziale, penalizzando la propria carriera.
Un altro problema, spesso dimenticato, è quello delle violenze
(specie in famiglia). Malgrado i risultati ottenuti, ancora nel 2005,
una donna violentata "avrà avuto le sue colpe", "se l’è cercata" oppure
non può appellarsi a nessun diritto perchè legata da vincolo
matrimoniale al suo carnefice. Inoltre, la società fa passare pubblicità
sessiste o che incitano allo stupro; pornografie e immagini che
banalizzano le violenze alle donne.
Per non parlare di quanto il patriarcato resti ancora
profondamente radicato nella sfera pubblica, nella forma stessa dello
Stato.
Uno Stato si racconta attraverso le sue leggi, attraverso i suoi
luoghi simbolici e di potere. Il nostro Stato racconta quasi di soli
uomini e non racconta dunque la verità. Da nessuna parte viene nominata
la presenza femminile come necessaria e questo, probabilmente, è
l’effetto di una falsa buona idea: le donne e gli uomini sono uguali,
per cui è perfettamente indifferente che a governare sia un uomo o una
donna. Ecco il perchè di un’eclatante assenza delle donne nei luoghi di
potere.
Ci siamo fatte imbrogliare ancora. Ma può un paese di libere
donne e uomini liberi essere governato e giudicato da soli uomini? La
risposta è NO.
Donne e uomini sono diversi per biologia, per storia e per esperienza.
Dobbiamo, quindi, trovare il modo di pensare a un’uguaglianza
carica delle differenze dei corpi, delle culture, ma che uguaglianza
sia, tenendo presente l’orizzonte dei diritti universali e
valorizzandone l’altra faccia. Ricordando, ad esempio, che la famiglia
non ha alcuna forza endogena e che è retta dal desiderio femminile, dal
grande sforzo delle donne di organizzarla e mantenerla in vita
attraverso una rete di relazioni parentali, mercenarie, amicali ancora
quasi del tutto femminili; ricordando che l’autodeterminazione della
sessualità e della maternità sono OVUNQUE le UNICHE vie idonee alla
tutela delle relazioni familiari di fatto o di diritto che siano;
ricordando che le donne sono ovviamente persone di sesso femminile prima
ancora di essere mogli, madri, sorelle e quindi, che nessuna donna può
essere proprietà oppure ostaggio di un uomo, di uno Stato, nè,
tantomento, di una religione."
Sen (Stefania Noce)
Stefania era una studentessa
della Facoltà di Lettere e Filosofia di Catania, attivista nel movimento
studentesco e femminista. E' stata accoltellata dall'ex fidanzato nella propria casa.
Quest'anno, in Italia, più di 130 donne sono state uccise e molte altre hanno subito violenze. Il sistema patriarcale nel quale viviamo "giustifica" simili atti attribuendoli alla follia umana.
NESSUNA GIUSTIFICAZIONE PER LA VIOLENZA SULLE DONNE!
lo stesso dovrebbe valere per gli uomini .
RispondiEliminaspesso sono ostaggi del divorzio ora anche dello stato grazie alle nuove idee anti costituzionali di tassare meno le donne
http://pari-diritti-pari-doveri.blogspot.com/2011/12/papa-separati.html