Perchè aderire all'appello del sui generis?
Perchè ancora oggi, nel 2009, sono più che mai attuali una cultura e delle pratiche fasciste, razziste e sessiste. Ci rammarichiamo nel vedere che sono proprio lo stato e le istituzioni secolari del nostro Paese a perpetrare atti violenti e liberticidi nei confronti di donne, migranti e soggetti LGBTIQ.
Sono esempi di fascismo la legittimazione delle ronde, la manipolazione dei mass media e la repressione delle lotte sociali.
Sono esempi di razzismo i CIE, le politiche di respingimento alla frontiera ed il reato di clandestinità, che rende i migranti soggetti invisibili e privi di ogni diritto.
Sono infine esempi di sessismo le politiche securitarie che mirano a riportare le donne dentro le mura domestiche e a rinchiudere i soggetti lgbtiq in ghetti abbelliti con la facciata di locali alla moda e serate trendy, la discriminazione nel mondo del lavoro (gay, lesbiche, bisex ed intersex costretti a nascondere la propria identità, trans costretti/e a prostituirsi perchè non accettati in nessun altro luogo di lavoro).
Perchè non ci sembrano adeguate le risposte istituzionali date all'escalation di violenza omofoba e sessista: pacchetto sicurezza e legge Concia.
Il problema della violenza sulle donne non può infatti essere affrontato istituendo ronde, criminalizzando i migranti e non tenendo conto del fatto che la prima causa di morte per le donne è la violenza in famiglia.
Allo stesso modo non ci accontentiamo di una legge che prevede un'aggravante per aggressioni compiute ai danni della comunità lgbtiq, tutelata come una specie in via d'estinzione: non c'è la volontà di evitare le aggressioni, ma solo il tentativo di riduzione del danno.
Perchè il modello di famiglia eterosessuale e patriarcale da una parte relega la donna al ruolo di madre, moglie e custode del focolare, dall'altra impedisce il riconoscimento di qualsiasi altra forma di amore e/o di progetto di vita per la comunità lgbtiq. Il nostro stato laico che dovrebbe garantire libertà e pari diritti a tutt* è invece asservito a vaticano e gerarchie ecclesiastiche che attuano una continua ingerenza nella vita pubblica. Da ciò derivano anche la mancanza di una reale educazione sessuale nelle scuole, la condanna dell' aborto e dei metodi contraccettivi.
Per tutte queste ragioni, e per molte altre crediamo che sia fondamentale costruire una cultura “altra” che faccia dell'antifascismo, dell'antirazzismo e dell'antisessismo i suoi capisaldi.
Rivendichiamo diritti civili per tutti e tutte, libertà di scelta e autodeterminazione della propria identità sessuale e di genere.
Individuiamo dunque nei soggetti lgbtiq i primi interlocutori con cui confrontarci per intraprendere tale percorso.
Un Collettivo di studentesse che propone di costruire uno spazio aperto di discussione, incontro e confronto tra donne, per elaborare una critica e un percorso di rivendicazioni e cambiare l’università e la società in cui viviamo! Per cercare di essere sempre più protagoniste della nostra quotidianità in uno Stato che ci rappresenti come DONNE . . . indecorose e libere!!!!
mercoledì 7 ottobre 2009
venerdì 18 settembre 2009
Comunicato di solidarietà all'8 marzo occupata
ROMA CITTA' NERA
Roma sta diventando sempre più una città NERA.NERA nella dilagante cultura, fascista razzista sessista e omofoba.
NERA per le aggressioni, che si susseguono giorno dopo giorno su donne, lesbiche, gay, transessuali e migranti.
NERA per il clima di attacchi diretti ai movimenti di lotta per l’abitare, voluti dal sindaco Alemanno e dalla giunta: a partire dallo sgombero del Regina Elena, per arrivare a quello più recente - lo scorso lunedì - dell’8 Marzo.
NERA negli articoli diffamanti che alcuni giornali hanno pubblicato negl’ultimi giorni.
NERA nelle pratiche delle forze del disordine, che irrompono a via dell’Impruneta alle 4e40 del mattino, e che si permettono di divellere porte e devastare appartamenti ristrutturati con sacrificio in due anni di occupazione. Case che ospitano bambini, donne, precari, disoccupati e migranti che in tutto questo periodo hanno riqualificato e liberato un edificio, abbandonato da vent’anni, restituendolo al quartiere tutto.
NERA nelle ritorsioni che hanno portato all’arresto di 5 compagn*.
NERA nel filo conduttore che lega tutti questi eventi da una sempre più diffusa opera di repressione di tutte le lotte sociali e dei movimenti che tentano di resistere e rispondere a questo clima di intimidazione.
Esprimiamo piena solidarietà alla compagna Francesca, ai compagni arrestati e all’8 Marzo che resiste!
LA LOTTA NON SI ARRESTA!
LIBER* TUTT*!!!
Le Malefiche
Laboratorio di genere
giovedì 17 settembre 2009
sabato 20 giugno 2009
Il laboratorio di genere delle studentesse della sapienza è nato dopo l'esperienza dell'assemblea delle studentesse del movimento di quest'autunno: nel clima di mobilitazione, le donne, protagoniste del movimento, hanno sentito l'esigenza di un luogo all'interno del quale discutere della crisi facendone un'analisi di genere.
Dall'analisi emersa in questo luogo abbiamo deciso di portare avanti un percorso di genere più ampio, rendendoci conto che la crisi rende ancor più esplicita una disuguaglianza (quella tra uomini e donne) che è già presente nella società: l'oppressione di genere è una condizione trasversale che tutte le donne vivono, ma che, pensiamo, vada affrontata autorganizzandosi nel contesto sociale che ogni donna vive.
La mancanza di discussione sulle tematiche di genere nell'università, la scarsissima presenza di donne nei gradi più alti della formazione, l'assenza di servizi per le donne, docenti, precarie, studentesse e mamme, all'interno del nostro ateneo, ci hanno spinto ad allargare il campo della nostra analisi e delle nostre rivendicazioni, che portiamo avanti come studentesse nel nostro luogo sociale: l'università stessa.
Le studentesse raggiungono infatti livelli sempre più alti di istruzione, ma andando avanti nei gradi della formazione la presenza femminile è sempre minore: nonostante le laureate siano il 55% del totale, solo il 31% dei ricercatori italiani è donna e la percentuale scende ulteriormente andando avanti nella carriera accademica (solo il 12% dei docenti ordinari è donna). La causa della difficoltà nell'intraprendere questo tipo di carriera per le donne è dovuta, tra le altre cause, anche alla totale assenza nel mondo universitario italiano di servizi e leggi sulla maternità – sia per i lavori a tempo indeterminato che per le lavoratrici a tempo o precarie – in questo modo il genere stesso diventa la discriminante per l'accesso al lavoro.
Riteniamo inoltre che, dentro l’università, esista una completa assenza di dibattito e di studi che affrontino le tematiche di genere, proprio per questo pensiamo che la didattica ufficiale debba affrontare tali questioni, attraverso la partecipazione diretta delle studentesse e delle ricercatrici.
Le rivendicazioni del laboratorio di genere, quindi, riguardano sia la didattica e la formazione che vertenze sociali più specifiche: una delle nostre prime riflessioni ha riguardato l'assenza di servizi per le studentesse all'interno dell'università, come la mancanza di consultori, asili nido, centri antiviolenza o sportelli diretti alle studentesse che hanno subito violenze fisiche o psicologiche.
Per questo motivo all'inizio di quest'anno abbiamo avviato la campagna pillolissima2009 insieme alle studentesse di alcuni licei romani e di altri collettivi universitari e femministi. La campagna è partita come un'azione di denuncia sull'obiezione di coscienza sulla prescrizione della pillola del giorno dopo, obiezione che nonostante sia illegale è molto diffusa. A seguito dell'inchiesta effettuata in tutti i pronto soccorso di Roma, la campagna sta continuando con un monitoraggio dei servizi offerti dai consultori sul territorio.
L'obiezione di coscienza è solo una delle espressioni dell'oppressione di genere, così come lo sono ad esempio tutte le politiche securitarie e autoritarie che, con una sfacciata strumentalizzazione del corpo delle donne, hanno permesso ultimamente la stesura di leggi razziali e xenofobe come il pacchetto sicurezza.
La lotta al sessismo si inserisce in un percorso di lotta molto più ampio. Per questo il laboratorio di genere della sapienza ha individuato come data fondamentale quella del 25 aprile, portando avanti un'analisi che si basasse sull'antisessismo tanto quanto sull'antifascismo e sull'antirazzismo: pensiamo che non ci possa essere una lotta al sessismo che prescinda dall'antifascismo e che, contemporaneamente, essa sia condizione necessaria all'antifascismo stesso.
Alla luce delle analisi elaborate nel nostro percorso, crediamo che l'autorganizzazione delle studentesse all'interno dell'università, come delle donne nella società, debba vivere nella maniera più partecipata possibile, in modo che la consapevolezza cresca per cambiare lo stato delle cose: per questo continuiamo a portare avanti le nostre campagne e rilanciamo il nostro percorso anche per l'anno prossimo.
Dall'analisi emersa in questo luogo abbiamo deciso di portare avanti un percorso di genere più ampio, rendendoci conto che la crisi rende ancor più esplicita una disuguaglianza (quella tra uomini e donne) che è già presente nella società: l'oppressione di genere è una condizione trasversale che tutte le donne vivono, ma che, pensiamo, vada affrontata autorganizzandosi nel contesto sociale che ogni donna vive.
La mancanza di discussione sulle tematiche di genere nell'università, la scarsissima presenza di donne nei gradi più alti della formazione, l'assenza di servizi per le donne, docenti, precarie, studentesse e mamme, all'interno del nostro ateneo, ci hanno spinto ad allargare il campo della nostra analisi e delle nostre rivendicazioni, che portiamo avanti come studentesse nel nostro luogo sociale: l'università stessa.
Le studentesse raggiungono infatti livelli sempre più alti di istruzione, ma andando avanti nei gradi della formazione la presenza femminile è sempre minore: nonostante le laureate siano il 55% del totale, solo il 31% dei ricercatori italiani è donna e la percentuale scende ulteriormente andando avanti nella carriera accademica (solo il 12% dei docenti ordinari è donna). La causa della difficoltà nell'intraprendere questo tipo di carriera per le donne è dovuta, tra le altre cause, anche alla totale assenza nel mondo universitario italiano di servizi e leggi sulla maternità – sia per i lavori a tempo indeterminato che per le lavoratrici a tempo o precarie – in questo modo il genere stesso diventa la discriminante per l'accesso al lavoro.
Riteniamo inoltre che, dentro l’università, esista una completa assenza di dibattito e di studi che affrontino le tematiche di genere, proprio per questo pensiamo che la didattica ufficiale debba affrontare tali questioni, attraverso la partecipazione diretta delle studentesse e delle ricercatrici.
Le rivendicazioni del laboratorio di genere, quindi, riguardano sia la didattica e la formazione che vertenze sociali più specifiche: una delle nostre prime riflessioni ha riguardato l'assenza di servizi per le studentesse all'interno dell'università, come la mancanza di consultori, asili nido, centri antiviolenza o sportelli diretti alle studentesse che hanno subito violenze fisiche o psicologiche.
Per questo motivo all'inizio di quest'anno abbiamo avviato la campagna pillolissima2009 insieme alle studentesse di alcuni licei romani e di altri collettivi universitari e femministi. La campagna è partita come un'azione di denuncia sull'obiezione di coscienza sulla prescrizione della pillola del giorno dopo, obiezione che nonostante sia illegale è molto diffusa. A seguito dell'inchiesta effettuata in tutti i pronto soccorso di Roma, la campagna sta continuando con un monitoraggio dei servizi offerti dai consultori sul territorio.
L'obiezione di coscienza è solo una delle espressioni dell'oppressione di genere, così come lo sono ad esempio tutte le politiche securitarie e autoritarie che, con una sfacciata strumentalizzazione del corpo delle donne, hanno permesso ultimamente la stesura di leggi razziali e xenofobe come il pacchetto sicurezza.
La lotta al sessismo si inserisce in un percorso di lotta molto più ampio. Per questo il laboratorio di genere della sapienza ha individuato come data fondamentale quella del 25 aprile, portando avanti un'analisi che si basasse sull'antisessismo tanto quanto sull'antifascismo e sull'antirazzismo: pensiamo che non ci possa essere una lotta al sessismo che prescinda dall'antifascismo e che, contemporaneamente, essa sia condizione necessaria all'antifascismo stesso.
Alla luce delle analisi elaborate nel nostro percorso, crediamo che l'autorganizzazione delle studentesse all'interno dell'università, come delle donne nella società, debba vivere nella maniera più partecipata possibile, in modo che la consapevolezza cresca per cambiare lo stato delle cose: per questo continuiamo a portare avanti le nostre campagne e rilanciamo il nostro percorso anche per l'anno prossimo.
L’autorganizzazione delle donne
confronto, presa di coscienza: ‘genere’??
L’iniziativa di oggi nasce dalla necessità che abbiamo sentito di rispondere ad una domanda, La domanda: perché e in che modo le donne si riuniscono per discutere problematiche di genere?A partire da un’esigenza immediata, confrontandoci riguardo alle dinamiche che viviamo tutti i giorni all’università, nel mondo del lavoro, nella politica, nel contesto sociale in generale, abbiamo iniziato un’analisi di genere. I problemi che io vivo quotidianamente e che ho in comune con altre “persone”, guarda un po’ J , tutte donne, forse nascono dal fatto che viviamo una condizione specifica proprio in quanto donne. E questo è stato l’inizio: come studentesse, a partire dal nostro sentire comune e nel luogo che viviamo quotidianamente, ci autoorganizziamo.
percezione, discussione
Il nostro Laboratorio è nato dall’Assemblea Donne del movimento studentesco dell'Onda. La nostra riflessione ha avuto origine quindi in un contesto politico misto, in cui tutte abbiamo percepito che “qualcosa non andava”. Qualcosa non andava perché qualcuna di noi aveva difficoltà ad intervenire nelle assemblee e la necessità di ‘abbassare i toni’ non era condivisa da tutti, perché la divisione dei compiti era spesso prevedibile (agli uomini la discussione politica e alle donne l'organizzazione pratica, per schematizzare...), perché alcune tematiche che sentivamo più urgenti in quanto donne non trovavano spazio sufficiente in un luogo di discussione misto. Per questo, come laboratorio, abbiamo scelto di elaborare un percorso non misto, per discutere le problematiche di genere e nel quale autorganizzarci come donne.
Autorganizzazione: perché uno spazio non misto
L’autorganizzazione, per quella che è stata la nostra esperienza, è proprio questo: è cercare una risposta a problematiche e a condizioni materiali che vivono e hanno, in comune, determinati soggetti. Da questa pratica viene la necessità di una separazione dal contesto più ampio vissuto quotidianamente, la necessità di un momento di analisi proprio dei soggetti in questione e vissuto solo da essi, che si declina nel nostro caso in un'assemblea di sole donne. La separazione non è vissuta però come una scelta definitiva, almeno nel nostro caso: è il punto di partenza per elaborare una riflessione e una rilettura, di genere, da riportare successivamente nel contesto più ampio.
luogo non misto come rafforzamento. (Vogliamo anche le lotte! :P)
Lo spazio non misto è anche un luogo in cui rafforzare la propria posizione per non subire dinamiche imposte da altri. E’ un metodo per evitare di interiorizzare una condizione subalterna e imputare le difficoltà che si riscontrano solo a questioni personali e caratteriali. Lo spazio non misto è, per noi, il punto di partenza per far vivere pratiche diverse anche nei luoghi misti. Nel laboratorio, quindi, nascono com’è naturale, anche delle rivendicazioni e delle lotte che andranno portate al di fuori di esso.
Confrontandoci..
Fuori dall'università esistono realtà di donne autorganizzate che, lavorando in diversi contesti sociali, costruiscono percorsi di analisi di genere scegliendo spazi, pratiche e modi diversi di agire. Consapevoli del fatto che le esperienze e le analisi che usciranno dal confronto di oggi possano arricchire la nostra DI analisi, abbiamo scelto di invitare ad intervenire queste realtà.C’era una volta una donna.
C’erano una volta due tre quattro cinque donne.
C’era una volta un gruppo di donne.
Le donne cominciarono a parlarsi.
Le donne cominciarono a discutere.
Le donne cominciarono a riflettere sul fatto che erano donne.
Sul fatto che tutte loro erano donne.
Che forse anche le altre donne erano donne.
Che forse certi problemi che vivevano tutti i giorni, certe discriminazioni, certe difficoltà
Potevano dipendere dal loro essere donne.
Che dipendevano in effetti dal loro essere donne.
E da qui cominciava
L'AUTORGANIZZAZIONE DELLE DONNE.

martedì 28 aprile 2009
Questo piccolo grande errore
Con Pillolissima 2009 libertà e autodeterminazione!
Questa notte i più grandi ospedali di Roma sono stati oggetto di un blitz-inchiesta da parte di studentesse (di alcune scuole di Roma e delle due università La Sapienza e Roma 3) e precarie. L'obiettivo è quello di tracciare una mappa di quegli ospedali in cui illegalmente si esercita l'obiezione di coscienza sulla contraccezione di emergenza. Verso le 22.00 piccoli gruppi di donne sono entrati contemporaneamente nelle sale dei pronto soccorso richiedendo la cosidetta "pillola del giorno dopo", che deve essere assunta entro le 72 ore dal rapporto sessuale ma la cui efficacia diminuisce col passare delle ore.
I dati raccolti la scorsa notte sono i seguenti.
Il policlinico Gemelli e l'ospedale S.Pietro Fate Bene Fratelli non prescrivono la pillola. Difronte alle insistenze delle studentesse, il personale risponde che questi sono ospedali cattolici(come se si fossero dimenticati di essere convenzionati con lo stato italiano), giustificando, in questo modo, l'omissione di soccorso.
L'ospedale CTO rifiuta la prescrizione della pillola e al momento di rilasciare la dichiarazione del rifiuto, la dottoressa chiede di pagare il ticket di 25 euro, indirizzando poi la richiedente ad un altro ospedale per avere la prescrizione della pillola, dopo aver pagato un altro ticket.
I pronto soccorsi degli ospedali Policlinico Umberto I, San Filippo Neri, San Camillo Forlanini, S.Eugenio, Pertini e S.Giovanni prescrivono la pillola solo dietro pagamento del ticket di 25 euro. In particolare l'ospedale S.Eugenio viene indicato da più ospedali come il luogo in cui viene prescritta la pillola "senza problemi". Nel pronto soccorso del S.Giovanni viene negata in un primo momento, a seguito di insistenze da parte delle studentesse, viene prescritta.
Negli ospedali S.Andrea, Policlinico Casilino , Policlinico Tor Vergata si segnala la presenza di obiettori ma, allo stesso tempo, la possibilità di ottenere la prescrizione della pillola, anche se con tempi di attesa non prevedibili e sempre dietro il pagamento del ticket.
Denunciamo l'omissione di soccorso e l'interruzione di un pubblico servizio degli ospedali, laddove è illegale che i medici ricorrano all'obiezione di coscienza. La contraccezione di emergenza infatti ha un effetto prefertilizzante e non abortivo, non prevede restrizioni d'uso (è un farmaco che rientra nella "classe 1" dell' OMS) e deve essere prescritta senza diagnosi.
Ribadiamo inoltre che la salute deve essere un sevizio pubblico e gratuito per tutti e tutte, migranti e cittadini/e italiani/e: per questo riteniamo inaccettabile il costo del ticket (solo per farsi prescrivere una pillola) pari a 25 euro che devono essere sommate al costo del farmaco(circa 13 euro). La nostra azione è volta a rimettere al centro del dibattito pubblico la libertà delle donne nella gestione del proprio corpo, troppo spesso utilizzato strumentalmente per dare avvio a provvedimenti dettati dalla morale cattolica e che limitano la possibilità di scegliere una sessualità e una maternità consapevole.
Per questo noi obiettiamo gli obiettori.
Tutte le donne devono avere accesso ad un'informazione laica e libera su sessualità e prevenzione, che agendo prima dell'emergenza educhi a una sessualità consapevole; a un sistema di welfare universale che consenta prestazioni sanitarie gratuite e servizi che ne sostengano l'autodeterminazione, a partire da consultori, asili pubblici e centri antiviolenza.
La libertà e i diritti delle donne non saranno il prezzo da pagare in questa crisi. Né ora né mai.
Studentesse e precarie
pillolissima2009@gmail.com
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